Nella
conoscenza della Luce, che è Cristo, si incontra la Sua Potenza fatta
di trasformazione di cose e di persone.
Trasforma, Gesù, gli elementi della natura, ponendoli quali mezzi non
più per la soddisfazione dei propri piaceri, ma per la condivisione con
gli altri.
Propone e pone quale assoluto della Sua Parola tale mutamento, rendendo
ogni elemento sacro in virtù di tale uso.
Discernere il bene, in Lui, vuol dire acquisire la giustizia di cui
l’uomo necessita.
Essere giusti senza conoscere la giustizia è come essere vedenti senza
avere occhi.
Prima
di proclamare il proprio stato, quale conoscitore delle cose buone e
giuste, occorre trovare la bontà e la giustizia.
Gesù, così, invita l’umanità a volgere lo sguardo su di Lui e a
dare ascolto alla Sua Parola che muta gli eventi.
Accusa con autorità l’ipocrisia, che devia il corso del discernimento
di ciò che è buono e giusto.
Nel non dare a Gesù il Suo posto e il merito di essere il risolutore
dei problemi umani, si è come coloro i quali, pur avendo la capacità
di discernere nella nuvola la possibile pioggia e nel vento la sua
specifica caratteristica, cadono nel rinnegamento della Luce che è
manifestazione ovvia di ciò che contiene: il bene!
Ora, se l’uomo ha in sé gli occhi per vedere e la mente per capire
gli eventi del mondo, perché trascurare l’EVENTO che in modo
STRAORDINARIO è venuto ad abitare in mezzo a noi?
Dire che Cristo non è il Figlio di Dio è come dire che, nonostante la
nuvolosità copiosa del cielo, la pioggia non scende.
Saper individuare gli eventi e dare a loro la risposta, nella semplicità
della loro conoscenza, è la prima forma di saggezza che non può non
essere messa in atto!
Se tale verità viene sovvertita, si passa al male della falsa
interpretazione degli eventi, nonostante l’ovvio che gli stessi
posseggono.
L’ipocrisia uccide la spontaneità che unisce il sole al giorno e
l’acqua alla vita.
Chiudere gli occhi per non vedere la Luce già manifestata, vuol dire
essere nel rinnegamento della propria capacità di vivere.
Riporta Gesù così l’umanità a realizzare ciò che Giovanni, nel Suo
Prologo, in maniera chiara, annunzia: “La Luce venne nel mondo, ma il
mondo non l’ha riconosciuta, ma tutti coloro che l’hanno
riconosciuta, costoro sono figli di Dio”.
Che non si rinneghi la Luce per l’ipocrisia di non dare a Dio ciò che
è di Dio! Guarire tale male vuol dire riprendere quelle pecore che, pur
avendo occhi, non vogliono vedere; pur avendo orecchi, non vogliono
udire; pur avendo vita, non vogliono vivere.
Nella Sua Parola Gesù accusa che non c’è peggior sordo di chi non
vuol sentire e peggior cieco di chi non vuol vedere!
Il non voler, pur avendo già il discernimento semplice delle cose del
mondo, porta l’uomo alla condizione di colui che si rimette al mondo
ed al suo giudizio.
Diviene il confidente negli uomini e non in Dio e nel Suo Amore; il che
vuol dire che molto avrà da pagare e che non chiuderà il suo conto
fino a quando non avrà pagato fino all’ultimo spicciolo.
Ma nella conoscenza che Gesù è il Cristo e che nelle Sue Parole c’è
la vita e nella realizzazione che fuori dalle Sue Parole tutto è nulla,
l’uomo costruisce la Sua Vita su una base solida e regna nella
beatitudine di chi ha saputo dare a Dio ciò che è di Dio.
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