Si parla di democrazia in maniera sempre più
insistente nella totale ignoranza della biologia del potere. Tanto per
cominciare occorre prendere atto che il potere non è qualcosa che possa
esserci o meno – come pensano gli anarchici tradizionali, salvo ad
esercitare il proprio – ma l'altra faccia della vita ovvero la vita
stessa nella sua capacità di attuarsi. Si può dire “io posso, dunque
sono”, il che non esclude l' “io penso, quindi sono” di Cartesio e l'
“io mangio, quindi sono” di Gino Raya, solo annotando che il pensare e
il mangiare sono possibili momenti della vita reale e quindi del potere.
Chi non può pensare, non è, come chi non può mangiare. Ma ci riferiamo
ovviamente all'uomo.
Un individuo della nostra specie, privo di ragione, ma capace di
mangiare, non può certamente considerarsi un uomo ! Da questo punto di
vista Cartesio è molto più vicino alla biologia sociale. L'aforisma
rayano si riferisce – lo voglia o no – a qualunque “animale” (dall'ameba
in su), il quale non può esistere senza prelevare dall'ambiente le
sostanze di cui ha bisogno il suo metabolismo. Il limite del famismo sta
in sé stesso perché la sola fame “alimentare” non va al di là
dell'animalità, cioè della prima costante dell' “essere al mondo”. Né
l'uso della parola fame nel senso più lato possibile (fame di sapere,
per esempio) risolve questa aporia (difficoltà) di base del pensiero di
Gino Raya. Infatti, ci costringe a dire fame e a pensare ad altro ed a
subire l'influenza della parola stessa, la cui accezione reale non può
superare un certo limite. Al contrario, la sua estremizzazione
ideologica ci dà come risultato un vicolo cieco, cioè il “famismo”,
sinonimo di “reciprocità fagica” e quindi di pessimismo sociale. Meglio
avrebbe fatto Raya a limitarsi alla locuzione “biologia culturale”, che
risponde perfettamente alla realtà.
Con l' “io posso, dunque sono” ci si riferisce ad ogni entità (sintesi)
biologica per piccola che sia, ma soprattutto all'uomo, il cui sviluppo
evolutivo è tutto un potere a livelli sempre più alti: dall'alimentarsi
al sentirsi rassicurato, dal pensare all'ideare, dall'autoidentificarsi
al trascendersi.
Questa introduzione aveva lo scopo di dimostrare che il potere pubblico
esiste da sempre come emergenza di soggetti più forti (più potenti), che
sfruttano il bisogno di potere dei più deboli. Da questa emergenza (di
soggetti dominanti su soggetti inerti) nasceranno tutte le menzogne
religiose, come quella – massima – che l'autorità venga da Dio (di cui
si millanta di essere investito tuttora lo stregone di Roma) ma anche la
verità, che si ha bisogno di un potere pubblico, portavoce dei diritti
naturali dei singoli soggetti della collettività, ciò che si chiama
impropriamente – o meglio demagogicamente – democrazia.
Infatti, nel momento in cui il potere – qualunque potere – si manifesta,
è perentorio nel senso che persegue il fine giustificando ogni azione
atta a raggiungerlo. Il soggetto che può pensare, non può non pensare
come chi può colpire un soggetto tenuto all'obbedienza (sia pure per una
ragione ingiusta) non può non colpirlo. Voglio dire che il potere
pubblico, che deve far valere delle norme quali che siano, non può non
farli valere con tutti i mezzi di cui dispone. È qui il senso del potere
come dittatura, la quale non esclude la tolleranza e l'indulgenza, che
confermano la dittatura stessa. L'agente che constata un'infrazione
stradale, ha il potere (assoluto!) di sollevare contravvenzione anche se
può chiudere un occhio.
Tutti i giorni subiamo la dittatura del potere pubblico, oggi
“democratico”. Per esempio, a favore del fisco pagando le imposte,
dirette e indirette, perfino le più inique o da considerarsi magari
illegittime (come il canone RAI), pagando i farmaci al prezzo imposto
dalle industrie con la complicità dello Stato. Lo subiamo nei riguardi
di tutte le forze dell'ordine; nei riguardi dei segreti di Stato; nei
riguardi degli accordi interstatali presi sulla testa della collettività
(vedi “G8”). Dobbiamo rispettare qualunque legge o decreto dal
parlamento-potere legislativo anche se contrari ai veri bisogni e
diritti naturali delle genti.
A dispetto delle migliori norme costituzionali il cittadino è costretto
a subire l'uso arbitrario del potere pubblico che di quelle norme non si
cura, anzi le calpesta disinvoltamente: per esempio, l'art. 4,
inutilmente invocato dai disoccupati e l'art. 11 (antibellico) che fa
dell'Italia una serva militare degli USA ! Ecco la conferma della faccia
dittatoriale di fatto del potere ! Perché il potere pubblico
(dittatoriale) diventi democratico, cioè gestito dal popolo (come dice
l'etimologia) è un'illusione quasi puerile poterlo ottenere attraverso
il “gioco elettorale” perché anche qui il ruolo decisivo è giocato dai
più forti (potenti): ne è dimostrazione eloquente la cosiddetta “più
grande democrazia del mondo”, cioè gli USA, dove i promotori,
protagonisti e finanziatori del detto gioco sono quasi sempre potenti
uomini d'affari e banchieri. Non per niente il senato nordamericano è
detto “club dei miliardari”. Tale gioco serve solo a legittimare
formalmente coloro che vanno lassù (sulla pedana del potere pubblico). |
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Il gioco elettorale lascia le cose come stanno in regime liberista, cioè
“privatista”: la dittatura di fatto persiste anche in “forma passiva”,
quando si limita ad arbitrare le competizioni dei padroni privati. Ne è
prova eclatante la SpA postale che sta consumando un abuso dopo l'altro
sotto l'occhio annuente del pubblico potere. Proprio a questo livello
“para-forestale”, antropozoico o antropomorfo, il potere pubblico
risulta più che mai lontano dal fabbisogno della collettività, il lavoro
essendo diventato una merce da mercato e la legge è accessibile a chi ha
soldi per pagarsela e per farsi più ragione ! Con l'introduzione di
fatto del “libero iniquo canone”, il cittadino povero è alla prese di
concittadini investiti del “potere” di vendere l'uso di un tetto al
maggior prezzo possibile.
Perché il potere pubblico da dittatura di fatto diventi “potere di
tutti” – cioè democrazia – bisogna abolire totalmente la predonomia
(insomma, il capitalismo) ed attuare la vera economia: socializzando il
lavoro e i suoi prodotti con l'uso di una moneta passiva a tempo,
coniata solo dallo Stato, e adeguando allo stesso meccanismo il possesso
di beni immobiliari (casa con verde) contro il millenario crimine della
proprietà privata illimitata, vero deus ex machina di uno
Stato-dittatura e di una democrazia-farsa. ***
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