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Marco Della Luna,
Antonio Miclavez
EuroSchiavi -
dalla Truffa alla Tragedia
Arianna Editrice
Quarta
Edizione aggiornata, 2012, pag.
455
SCONTO 15%
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di
Pietro G.Serra |
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A libro chiuso non si
può non pensare che una famosa legge mosaica si sia avverata: «tu
farai prestiti a molte nazioni e non prenderai nulla in prestito;
dominerai molte nazioni mentre esse non ti domineranno»
Questo saggio, scritto
da un avvocato, Marco della Luna, autore di altre pubblicazioni come Le
chiavi del potere (Koiné) e da Antonio Miclavez, un medico appassionato
di economia, costituisce un’esauriente sintesi, chiara e scorrevole
nella forma, del ruolo e dell’evoluzione delle diverse categorie di
banche, dalle più antiche alle più recenti. Ma non è solo
un’indagine storica: la valutazione dell’attività creditizia dei
soggetti bancari e la conseguente concentrazione di un enorme potere
nelle loro mani, conduce gli autori ad esprimere giudizi di valore che
hanno i toni di un’appassionata denuncia.
Il tutto avviene però
sempre al di fuori di ogni teoria complottistica. Vale la pena di
riportare le affermazioni contenute a pag. 105: «molti sostengono che
siamo vittime di una congiura mondiale - dei banchieri, dei finanzieri,
degli Ebrei, etc. - finalizzata a istituire un Nuovo Ordine Mondiale
tecnocratico[...]. Riteniamo che tutto ciò sia [...] dovuto a un
fraintendimento o all’ignoranza di elementari dati sull’economia e
sul comportamento umano[...]definire “complotto” la strategia di
un’impresa commerciale o di un cartello di imprese che si sforza di
acquisire una posizione monopolistica od oligopolistica su scala locale,
nazionale o globale, condizionando anche i poteri politici, è infantile
- lo può fare chi non sappia nulla della realtà economica-
imprenditoriale, del mercato». Una lunga citazione che ci consente di
vedere in Della Luna e Miclavez due studiosi intenzionati ad deludere le
speranze di tutti coloro che, nella ricerca dell’esistenza delle
cospirazioni dei poteri monetari, continuano ad alimentare l’odio
brandendo simbolismi negativi come quello del complotto giudaico -
massonico. Ma facciamo un passo indietro. Siamo nel 1694 quando la Bank
of England fornisce il denaro a uno stato che ormai non riesce più a
dominare con le emissioni in proprio il disordine monetario e il suo
conseguente processo inflattivo. La banca, così, già dotata di un’
importanza considerevole, acquisita durante tutto il sedicesimo secolo,
assume ora un ruolo di primo piano: individuata come autorità in grado
di valutare l’andamento reale dell’economia, le viene concessa la
facoltà di emettere il primi biglietti di banca: le bank notes. Si
tratta, sottolineano gli autori, di una vera e propria rivoluzione: col
tempo, infatti, la Bank of England si consoliderà fino ad ottenere il
monopolio dell’accesso al credito da parte dello stato e il suo
modello si affermerà non solo in ogni paese europeo ma anche in altre
parti del mondo, come Stati Uniti e Giappone.
In Italia
l’operazione della nascita di una banca centrale viene guidata, nel
1893, da Giolitti; in quell’anno il Parlamento del Regno ratifica la
comparsa di un soggetto nuovo, sorto dalle ceneri della Banca romana,
implicata in uno storico scandalo, e dalla fusione tra la Banca
Nazionale del Regno, la Banca Nazionale Toscana e la Banca Toscana di
Credito. Il neonato istituto prende il nome di Banca d’Italia e muove
i suoi primi passi come «società anonima», ovvero come una società
per azioni a prevalente capitale privato. Giolitti interviene in prima
persona al fine di garantirne l’autonomia dal potere politico, con
l’unica concessione dell’approvazione da parte del Governo della
nomina del direttore generale dell’istituto bancario. Nel 1910 un
regio decreto le concede di esercitare il diritto di emissione assieme
al Banco di Napoli e al Banco di Sicilia, ma anche di fare al Ministero
del Tesoro anticipazioni al tasso dell’1,5%. Con la legislazione del
1926 -27 il regime fascista attribuisce alla sola Banca d’Italia il
monopolio dell’ emissione monetaria, ma è solo con le norme del 1936
che l’istituto di credito muta radicalmente la sua struttura: tutte le
disposizioni legislative di quegli anni ne confermano l’autonomia e ne
consolidano l’immagine di “Istituto di diritto pubblico”,
nonostante, come detto poc’anzi, il suo assetto interno sia quello di
una società per azioni.
La Banca d’Italia
cresce fino a raggiungere, nel 1992, con una legge promossa
dall’allora ministro del Tesoro Guido Carli, la totale indipendenza
dal controllo pubblico, con il potere di fissare il tasso di sconto
senza doverlo più concordare con lo Stato. Il lungo processo evolutivo
dell’organismo bancario, di cui si parlava all’inizio, è ormai
compiuto. L’Italia è un caso emblematico, perché ormai in tutte le
società capitalistiche gli interessi delle banche di stato si sono
saldati con quelli dei governi, a un punto tale da consegnare il potere
nelle mani di pochi soggetti economici che hanno fatto del debito
pubblico un colossale affare. Il debito pubblico cresce incessantemente.
Al momento, come da poco ha dichiarato Silvio Berlusconi in un recente
confronto televisivo, ogni italiano deve restituire solo di interessi
passivi circa 20 mila euro. È una cifra colossale, quella del debito
pubblico, legata a un’attività bancaria che prende il nome di
signoraggio. Siamo così arrivati alla parte fondamentale del libro:
cos’è il signoraggio? Il signoraggio è la differenza fra il valore
legale di una moneta e i suoi costi di produzione.
Gli autori espongono
la questione con molta chiarezza: lo stato italiano chiede 100 milioni
di euro alla banca centrale e li paga con titoli del debito pubblico, la
banca li acquista ma emette la cifra a costo zero o quasi, dato che
spende 3 centesimi per stampare una banconota (fabbricare moneta costa
pochissimo e ciò è dovuto al fatto che più o meno dal 1929 le banche
non hanno l’obbligo del gold exchange, cioè della convertibilità in
oro), lo stato deve così restituire la somma avuta più gli interessi
(il tus) del 2,5%. Una volta conclusa la transazione, la Banca
d’Italia vende i titoli e apposta i 100 milioni di euro al passivo,
evitando di pagare le tasse su quello che è un puro incremento di
capitale, un profitto. È un guadagno enorme per una banca di stato che
crea il denaro dal nulla e i cui capitali sono nelle mani dei grandi
istituti commerciali e compagnie di assicurazione d’Italia (e il libro
ne riporta un elenco dettagliato).
Si intuisce allora
quanto siano smisurati gli interessi che ruotano attorno al recente
tentativo di acquisto della Bnl. Sono interessanti, a questo proposito,
le affermazioni di Marco Saba, autore della prefazione e studioso di
problematiche economiche: «se è vero che la Banca d’Italia prende
147 milioni di euro al giorno di signoraggio - afferma Saba -, BNL
come socia ne prende il 2,83%. Con semplici calcoli aritmetici si può
capire in quanti giorni il Banco di Bilbao y Vizcaya rientrerà
dell’investimento di 7 miliardi di euro dell’OPA. Rientrerà in
1688,61 giorni, ovvero in 4.74 anni». Se questo comportamento non
suscita l’indignazione popolare, è chiaro che si sono ormai
consolidate nuove forme di egemonia che aspirano, scrivono gli autori, a
trattare le persone come «mere parti del ciclo riproduttivo della
ricchezza», a tutto danno delle categorie deboli di una società in cui
i vecchi e gli invalidi «sarebbero trattati come zavorra», e questo
perché, nell’economia globalizzata, non si potranno avere «al
contempo, più di due alla volta tra le seguenti condizioni: sviluppo,
democrazia, protezione sociale». Se in definitiva fosse lo Stato a
stampare la moneta, riappropriandosi della sovranità monetaria, non
esisterebbe il debito pubblico e le tasse potrebbero essere impiegate
per il miglioramento strutturale della società civile. Un compito
quantomai difficile dato che i politici non sono in grado di promuovere
un’attività legislativa che possa danneggiare gli interessi dei
banchieri i quali, alzando di un punto il tasso di sconto, possono
scatenare crisi finanziarie gravissime, fino a mettere in pericolo la
stabilità dello stato. Ma il signoraggio non coinvolge solo le grandi
banche: anche i piccoli istituti, quelli che si occupano del credito
ordinario, possono creare denaro creditizio dal nulla attraverso
meccanismi complessi.
Come quello del
cosiddetto coefficiente di riserva frazionale. Che cos’è? In parole
povere le banche possono oggi prestare molto più di quello che hanno
nei forzieri, tenendone in riserva solo una piccola parte. Se ad esempio
il coefficiente di riserva viene fissato al 2%, la banca riesce a
moltiplicare un deposito per cinquanta volte. In questo modo: se un
depositante dà 1000 la banca ne tiene 20 in riserva e presta gli altri
980. Tali 980, una volta che vengono depositati nella stessa o in
un’altra banca possono generare altro denaro dal nulla, perché la
banca può tenere in riserva 19,60 e prestare 960. L’operazione può
essere ripetuta per 50 volte. Naturalmente più sarà basso il
coefficiente di riserva (che può variare, secondo gli accordi di
“Basilea 2” dall’1,6% al 12%) e più alta sarà la somma che la
banca potrà creare dal nulla.
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Il popolo non detiene
più il potere. Non ha più la sovranità monetaria la cui
realizzazione, peraltro, dopo il trattato di Maastricht, si è ancora di
più allontanata: ora è la Banca Centrale Europea, una banca privata,
perché governata dalle banche centrali a loro volta controllate dalle
banche private, che può per legge emettere moneta in Europa e
controllare il signoraggio. La Bce agisce al di fuori di ogni controllo
politico e con le sue scelte condiziona pesantemente la vita delle
nazioni. Esiste una via d’uscita? Il libro riporta la proposta di
Marco Saba che assieme ad alcuni studiosi ha elaborato una serie di «pacchetti
di proposte ragionevoli» il cui punto di forza è costituito dalle
monete complementari e locali che, emesse da enti pubblici territoriali,
dovrebbero avere una circolazione, seppur limitata, in ogni ambito della
società civile. Tutto ciò non toglierebbe all’oligarchia bancaria il
suo privilegio e il suo potere. Gli autori però propongono anche una
soluzione più radicale: abbandonare l’euro.
I vincoli imposti da
Maastricht, scrivono, comportano una cessione della sovranità
monetaria, «governo e parlamento [...] non possono emettere la propria
moneta ma devono comprarla dalla BCE; non possono agire sul tasso di
sconto, perché questo è fissato dalla BCE; non possono svalutare,
perché il cambio è gestito dalla BCE e vincolato alle altre euro -
valute; non possono spendere a debito per i necessari investimenti
produttivi (ricerca, infrastrutture, istruzione), perché sono vincolati
a contenere il deficit di bilancio e a ridurre il debito pubblico».
A libro chiuso non si
può non pensare che una famosa legge mosaica si sia avverata: «tu
farai prestiti a molte nazioni e non prenderai nulla in prestito;
dominerai molte nazioni mentre esse non ti domineranno» (Deuteronomio
15:6).
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Marco Della Luna,
Antonio Miclavez
EuroSchiavi -
dalla Truffa alla Tragedia - Arianna editrice
Quarta
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